Dopo aver appreso di quanto sia facile registrare le telefonate attraverso le apposite app su cellulare o centralini telefonici, ti sarai anche chiesto se sia legale, in Italia, registrare una telefonata all’insaputa dell’interlocutore o se, invece, tale comportamento possa costituire un reato o una lesione della altrui privacy. La soluzione è molto più semplice di quanto tu possa immaginare.
Contrariamente a quanto spesso si ritiene, la registrazione di una conversazione tra presenti e all’insaputa di questi, così come quella di una telefonata con un’altra persona ignara di essere registrata, non solo non costituisce reato (quello di “interferenze illecite nella vita privata” [1]), ma neanche lesione della privacy. Questo perché, secondo la Cassazione, la registrazione non farebbe altro che fissare, su una memoria elettronica, ciò che è già “nostro”, in quanto il nostro udito lo ha captato. Insomma, poiché la conversazione diventa parte del nostro bagaglio di conoscenze, la registrazione su supporto digitale, magnetico, ecc. non è altro che una ripetizione di ciò che la nostra stessa memoria ha già compiuto: l’immagazzinamento di un fatto storico a cui abbiamo partecipato direttamente [2]. Vietare la registrazione, del resto, sarebbe più o meno come comandare di “dimenticarsi di una conversazione”. Il che è ovviamente assurdo.
Ciò che invece è vietato è la diffusione della conversazione [4]: per esempio, farla ascoltare a terzi o pubblicarla su internet sarebbe un illecito punibile penalmente. Per la pubblicazione della conversazione è necessario il consenso di tutti coloro che vi hanno partecipato (e non solo di uno).
L’unica possibilità che si ha di divulgare la registrazione, facendola ascoltare a terzi, senza violare la legge è per tutelare un proprio diritto: il che può avvenire, per esempio, davanti al giudice nell’ambito di un processo civile o penale; nel corso di un procedimento disciplinare dinanzi al proprio datore di lavoro; in una causa di separazione o divorzio per dimostrare, ad esempio, l’altrui confessione di tradimento; dinanzi ai Carabinieri; finanche davanti a una autorità amministrativa, come per esempio il Prefetto (si pensi alla registrazione di una conversazione avuta con i vigili urbani nell’atto di irrogare una multa).
Ciò comporta anche che la registrazione della conversazione telefonica può essere utilizzata come prova in un processo, ai danni della controparte ignara di essere stata registrata. Lo stesso Codice della Privacy [4] consente espressamente la registrazione ottenuta di nascosto “per far valere o difendere un diritto in sede giudiziaria, sempre che i dati siano trattati esclusivamente per tali finalità e per il periodo strettamente necessario al loro perseguimento”.
Diverso è il caso di un terzo che, senza il consenso dei soggetti interessati e senza l’autorizzazione del Pubblico Ministero nell’ambito di un’indagine penale, registri le telefonate altrui. In questo caso si avrebbe a che fare con un’intercettazione illecita.
NOTE:
[1] Art. 615 bis cod. pen.
[2] Cass. sent. n. 16886/2007; C. App. Milano, sent. n. 1242/2011, Cass. sent. del 22.04.1992.
[3] Cass. sent. n. 18908/2011.
[4] Cod. Privacy art. 13, comma 5, lett. b).
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